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La morte degli Ulivi in puglia: Xylella o politica?

La malattia si chiama Complesso del Disseccamento Rapido dell’Olivo (CoDiRO) ed è causata da criticità ambientali, che hanno determinato la sterilità del suolo. Purtroppo, i responsabili delle istituzioni non la vogliono vedere questa relazione e quindi non favoriscono modelli agricoli a basso impatto ambientale. 

 

La malattia degli olivi in Puglia: un problema di ecosistema, economia e politica

Pubblicazione a cura del Prof. Pietro Perrino, già Direttore del CNR di Bari

Download pubblicazione: CORVELVA-La-malattia-degli-olivi-in-Puglia-Pietro-Perrino.pdf

 

La Xylella non è la causa della malattia degli olivi in Puglia. La malattia si chiama Complesso del Disseccamento Rapido dell’Olivo (CoDiRO) ed è causata da criticità ambientali, che hanno determinato la sterilità del suolo. Queste criticità durano da decenni e sono più forti proprio nelle aree focolaio del Salento, dove da anni la desertificazione è più evidente che in altre province della Puglia. C’è una stretta relazione tra inquinamento, desertificazione e CoDiRO. Purtroppo, i responsabili delle istituzioni non la vogliono vedere questa relazione e quindi non favoriscono modelli agricoli a basso impatto ambientale. Anzi, la cecità del nostro Ministero dell’Agricoltura ha prodotto un DM Martina, che addirittura obbliga gli agricoltori all’uso massiccio di pesticidi. I salentini stanno lottando contro i governi, regionale e nazionale, anche attraverso manifestazioni, per bloccare il DM. I vertici politici pugliesi sono sordi e ciechi di fronte ai risultati incoraggianti delle ricerche condotte da gruppi di  olivicoltori privati e da gruppi di ricerca misti, composti da olivicoltori e ricercatori privati e ricercatori pubblici. La soluzione del problema del CoDiRO non è l’abbattimento degli alberi malati e non malati per contenere la diffusione della Xylella, ma il ripristino di buone pratiche agronomiche e agro tecniche di disinquinamento, già pronte sul mercato. In una società sana, la sequenza giusta delle priorità è: prima l’ecosistema, poi la società e per ultima l’economia. I nostri politici fanno il contrario. È evidente che così non può continuare. Non ci sarebbe futuro per il genere umano. L’economia di cui si parla qui non si riferisce a quella dei popoli (economia umana, biologica), ma a quella delle grandi corporazioni, che diventano sempre più ricche, mentre gli umani diventano sempre più poveri.

 


 

1. La causa della malattia degli olivi in Puglia non è la Xylella
In Puglia, i mass media hanno iniziato a divulgare la notizia della malattia degli olivi, ponendo l’accento soprattutto su un batterio, che ostruisce i vasi xilematici, identificato come Xylella fastidiosa sottospecie pauca, ceppo codiro. Il nome della specie (fastidiosa) deriva dal fatto che è un batterio di difficile identificazione, quello della sottospecie (pauca) deriva dal latino (poca) e quello del ceppo deriva dal fatto che la malattia era già stata denominata Complesso del Disseccamento Rapido dell’Olivo (CoDiRO). La malattia iniziò ad essere notata, verso la fine del primo decennio di questo secolo (2008-2010), in alcune aree del Basso Salento (LE), per poi (anni 2013-1014) iniziare ad essere più evidente e ad apparire, qui e la, anche in altre aree più a nord dello stesso Salento e ancora più recentemente (anni 2016-2018) anche in altre aree più a nord (Ostuni, Cisternino e Ceglie Messapica) della Stessa Puglia (Alto Salento).

Secondo gli entomologi il batterio è trasportato da un albero all’altro da alcuni insetti vettori che si nutrono di linfa che trovano nelle erbe spontanee ed alberi, inclusi gli olivi, ma ritengono che il vettore principale sia la cosiddetta sputacchina (Philaenus spumarius), un insetto molto diffuso in Puglia, ma anche altrove. Secondo alcuni patologi micologi, tra le cause della malattia ci sarebbero anche numerose specie di funghi patogeni tracheomicotici e fogliari e secondo alcuni entomologi ci sarebbero anche alcuni insetti parassiti dell’olivo.

Pertanto, soprattutto alcuni batteriologi ed entomologi, ritenendo che la causa del CoDiRO è principalmente la Xylella, un batterio da quarantena, e che il suo vettore o diffusore è la sputacchina, un insetto ubiquitario, hanno da subito suggerito che l’unico modo per bloccare la malattia è di contenere lo sviluppo dell’insetto con insetticidi, di distruggere le erbe spontanee con erbicidi o arature e di abbattere gli alberi d’olivo attaccati dal batterio, inclusi anche gli alberi che si trovano nel raggio di 100 metri intorno all’albero infetto. I cosiddetti esperti, in pratica suggeriscono di distruggere l’ecosistema e la sua biodiversità per non dare da mangiare ai parassiti. Ha un senso tutto ciò? Oltre alla stupidità umana, si osserva una vera e propria lacuna nella comprensione dell’importanza della biodiversità nella resilienza degli ecosistemi.

Nel merito, ho fatto conoscere il mio pensiero, attraverso interventi scritti (1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8), e interviste e presentazioni orali a diversi convegni in diverse sedi della Puglia (9, 10, 11). In tutti i casi, ho cercato di evidenziare che pensare di contenere la diffusione della malattia con l’abbattimento degli alberi, infetti e non infetti, e di usare insetticidi a tutto spiano e arare i terreni è una vera follia, poiché la causa non è la Xylella, come non lo sono i funghi e non lo sono gli insetti, ma, al più, si tratterrebbe di più cause, come specificato nella denominazione stessa della malattia: Complesso del Disseccamento Rapido dell’Olivo (CoDiRO).

Il condizionale (si tratterebbe) è d’obbligo, perché la mia opinione era e resta che le vere cause della malattia sono alcune criticità ambientali, cioè fattori che sono a monte della Xylella, dei funghi e degli insetti. Opinione suffragata anche dalle seguenti osservazioni oggettive: 1) allo stato attuale, non è stato ancora dimostrato, in modo inequivocabile, che la Xylella sia la causa della malattia; cito solo la Xylella perché è il patogeno più enfatizzato dai media, dall’osservatorio fitosanitario della Regione Puglia, dal Ministero dell’Agricoltura e dalla Commissione Europea; 2) ci sono piante d’olivo positive, cioè contenenti il batterio, ormai da anni, ma che non manifestano la malattia; 3) ci sono piante d’olivo negative, cioè senza batterio, ma che presentano la malattia e sono la stragrande maggioranza.

Nei miei contributi, ho più volte sottolineato che i patogeni, inclusa la Xylella, sono degli opportunisti e che possono diventare virulenti (aggressivi) soprattutto quando le piante d’olivo s’indeboliscono, diventando vulnerabili a tutti i fattori avversi, biotici, come lo sono tutti i parassiti, animali e vegetali (per es. la Xylella), e abiotici, come i cambiamenti climatici, tra cui le temperature, l’umidità, ecc., e la presenza di sostanze tossiche nell’aria e nel suolo. Le piante d’olivo, come tutte le piante, s’indeboliscono soprattutto quando non riescono più a nutrirsi normalmente, vivendo in un terreno sterile e/o inquinato (metalli pesanti, ecc.).

A tal proposito, la letteratura internazionale, principalmente di studiosi americani (4), ha ampiamente evidenziato, senza equivoci, che la molecola del glifosato, quella contenuta nell’erbicida Roundup, usato, da almeno tre decenni, dagli olivicoltori pugliesi e salentini in modo particolare, per eliminare le erbe spontanee che crescono negli oliveti, allo scopo di tenere pulite le aiole sotto gli alberi e quindi agevolare la raccolta delle olive dal suolo. Si tratta di una sostanza che oltre ad uccidere le erbe, bloccando un enzima importante della catena metabolica, non solo delle erbe, ma molto verosimilmente anche delle stesse piante d’olivo, uccide anche la microflora del suolo, ossida i microelementi, rendendoli indisponibili anche alle radici delle piante d’olivo e per finire stimola molti patogeni presenti nell’ambiente (4, 6).

La stessa cosa fa l’AMPA (acido amminometilfosfonico, metabolita primario del glifosato), un derivato del glifosato, che recentemente è stato trovato, insieme al glifosato, anche nell’acqua potabile di rubinetto di diverse Regioni italiane (6). Dai report delle istituzioni regionali (4) si evince che in provincia di Lecce (aree focolaio dell’epidemia), il consumo di erbicida (il Roundup contenente glifosato) per ettaro è almeno quattro volte superiore a quello delle altre province pugliesi.

Se a ciò si aggiunge che nel Salento quasi tutta l’acqua d’irrigazione proviene da acque di falda e si considera che il glifosato e il suo metabolita AMPA vengono quindi ripescati per continuare ad avvelenare l’ecosistema (pianta-suolo) l’effetto nocivo del glifosato si moltiplica e si ripete in modo perpetuo. Ciò dovrebbe aiutare a comprendere perché l’erbicida Roundup dovrebbe essere considerato uno dei fattori critici dell’indebolimento dei meccanismi di difesa delle piante d’olivo nelle aree focolaio del Salento, più che altrove. La diffusione della malattia al difuori delle aree focolaio iniziali del Salento ha odore di fantasia degli autori, per lo più funzionari della Regione Puglia e/o della provincia di Brindisi (Alto Salento), sostenitori, probabilmente in buona fede, della relazione tra Xylella e malattia.

Da quando è scoppiato il caso Xylella in Puglia, diversi olivicoltori che non hanno mai creduto alla favola del batterio, anche in collaborazione con alcuni batteriologi e micologi pugliesi e napoletani (privati e pubblici), hanno tentato di salvare le piante d’olivo affette da CoDiRO, con o senza Xylella, ripristinando le buone pratiche agricole su una superfice di oltre 60 ettari, localizzati in 23 Comuni dell’area focolaio, e in un tempo relativamente breve (1-2 anni) hanno osservato una ripresa vegetativa significativa delle piante (una vera e propria guarigione). Alcuni di questi risultati sono stati già portati all’attenzione del pubblico nel 2015 (12). A parte ciò, sono in arrivo anche i risultati di progetti di ricerca, finanziati anche dalla Regione Puglia a gruppi di ricerca composti da olivicoltori e ricercatori o esperti, che quasi certamente confermeranno la possibilità di arrestare la malattia. In pratica, le piante d’olivo malate possono essere salvate con buone pratiche agronomiche e trattamenti che restituiscono all’ecosistema l’equilibrio perso in seguito all’inquinamento, causato anche dall’uso trentennale d’insetticidi, fungicidi, acaricidi ed erbicidi.

Insomma, una follia dopo l’altra, in quanto un popolo colto e che ragiona dovrebbe capire che viene prima la salvaguardia dell’ecosistema in cui vive, poi quella della propria società, che comunque dipende dallo stato di salute dell’ecosistema e alla fine quella dell’economia, che dovrebbe dipendere dallo stato dei primi due. Una gerarchia di valori che la natura non perdona a chi non la rispetta. Un popolo colto e preparato, e saggio, deve capire che non può consumare di più di quanto offre il proprio territorio e deve quindi cercare di aumentare la biocapacità del territorio in cui vive usando le sue risorse naturali e culturali, evitando, in tutti i modi possibili, di indebitarsi con altri paesi, sia sviluppati e sia in via di sviluppo. Naturalmente, ciò non avviene da almeno oltre mezzo secolo, perché i nostri politici, a poco a poco, hanno venduto la nostra sovranità popolare alle grosse corporazioni, soprattutto straniere, tanto che l’Italia non è più uno Stato (13).

E’ per questo che i nostri governi, servi di un sistema dominato dalle banche, continuano a sostenere politiche favorevoli a modelli agricoli industriali, ad agricoltura intensiva o ad alto impatto ambientale e ad ostacolare lo sviluppo di modelli agricoli economicamente non competitivi. Purtroppo non ci si rende conto che la Puglia è fondamentalmente una Regione arida, con scarse risorse idriche superficiali e sotterranee e quindi con nessuna possibilità di applicare modelli agricoli intensivi. La Puglia può solo applicare modelli agricoli a bassissimo impatto ambientale e cercare di massimizzare l’utilizzo delle proprie acque e di quelle reflue, prodotte dagli impianti di depurazione, per l’irrigazione e per usi industriali.

Una delle tante dimostrazioni che la Xylella può essere tenuta sotto controllo e che le piante d’olivo affette possono riprendere a vegetare senza problemi l’ha fornita un progetto di ricerca triennale svolto da un nutrito gruppo di ricercatori e finanziato anche dalla Regione Puglia (14). Pertanto, le istituzioni responsabili invece di finanziare l’abbattimento delle piante d’olivo dovrebbero favorire lo sviluppo di modelli agricoli a basso impatto ambientale. Ciò servirebbe anche ad evitare l’uso di pesticidi, responsabili, ormai, di parecchi danni all’ecosistema e alla salute dell’uomo.
 


 
2. Decreto Martina e pesticidi: un’altra spruzzata di follia

Il Decreto Ministeriale Martina (con 27 articoli e 4 allegati), avente per oggetto “Misure di emergenza per la prevenzione, il controllo e l’eradicazione di Xylella fastidiosa nel territorio della Repubblica Italiana” (GU del 6 aprile 2018) è stato scritto ignorando le buone pratiche agronomiche e/o comunque rispettose dell’ambiente (ecosistema) ed entrando in contraddizione con lo stesso Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e con il Parlamento Europeo.

I pesticidi indicati nel DM, tranne qualcuno (di tipo biologico), non sempre sono efficaci, mentre sono sicuramente dannosi per l’ambiente e la salute dell’uomo.

Il DM impone l’abbattimento (espianto) delle piante d’olivo, infette e non infette, come soluzione al problema, mentre l’European Food Safety Authority (EFSA), già nel 2015 sottolineava che l’eradicazione della Xylella fastidiosa (una volta insediata) era impossibile a causa dell’ampia gamma di piante ospiti e dei suoi vettori.

I bugiardini o schede tecniche dei fitofarmaci contenenti i principi attivi indicati nel DM riportano, tra l’altro, che sono molto tossici per gli organismi dell’ecosistema, anche acquatico, e con effetti a lungo termine. Le previste fasce di rispetto non trattate al fine di proteggere gli organismi acquatici e gli artropodi diventerebbero aree potenziali per lo sviluppo del vettore sputacchina.

I fitofarmaci elencati nel DM sono velenosi per le api e altri insetti utili anche all’impollinazione e, quindi, non v’è dubbio che mettono a rischio le produzioni agricole. In molti casi c’è il divieto esplicito di utilizzare il prodotto in presenza di api o comunque durante la fioritura e in pieno campo. Proprio in questi giorni, nel Veneto, numerosi agricoltori risultano indagati dalla Procura per aver provocato un disastro ambientale, come conseguenza dell’utilizzo di neonicotinoidi e altri prodotti che interrompono l’impollinazione e che causano la scomparsa di specie d’insetti utili all’agricoltura. È stata contestata la violazione dell’art. 452 bis del CP (RD 19 ottobre 1930, n. 1398), cioè indagati per aver “cagionato abusivamente una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili di un ecosistema e della biodiversità della fauna in generale”. L’inchiesta dimostra la relazione tra l’uso di neonicotinoidi e la diminuzione del numero di api negli alveari che si trovano nella zona trattata (15).

L’UE ha vietato l’uso in pieno campo di alcuni insetticidi neonicotinoidi indicati nel DM. In particolare il divieto riguarda il clothianidin, l’imidacloprid e il thiamethoxam. Recentemente, per questi insetticidi, mortali per le api e i bombi e neurotossici per i bambini, 15 Paesi europei, tra cui l’Italia, hanno votato a favore del bando permanente dall’UE. Pertanto, da un lato l’Italia, in Commissione Europea, vota contro l’uso di questi insetticidi, dall’altro, in casa sua, con il DM inserisce uno di questi insetticidi, l’imidacloprid, nell’obbligo di trattamento contro la sputacchina in pieno campo. È o no è una contraddizione? Che i neonicotinoidi sono potenti neurotossici soprattutto per i bambini lo dice anche L’EFSA (2013 e 2018).

Tra l’altro, la Direttiva 2009/128/CE ha definito non sostenibile il modello di agricoltura basato sull’utilizzo dei pesticidi e invita gli Stati membri ad informare la popolazione sui rischi e sugli effetti acuti e cronici per la salute umana. Un migliaio di ricerche scientifiche dimostrano i danni dei pesticidi sulle persone (16).

L’Ordine dei Medici di Lecce si è schierato contro il DM, in quanto impone l’uso di insetticidi nocivi, annunciando un monitoraggio delle falde acquifere e mette in guardia le autorità sul fatto che di queste sostanze sono noti gli effetti acuti, ma non quelli a lungo termine sulla salute umana (17).

La Lega Italiana per la Lotta ai Tumori (LILT), ha dichiarato di essere contro il DM, alla luce di un suo documento circostanziato (18) sulle implicazioni sanitarie connesse all’adozione delle strategie fitosanitarie già indicate nel cosiddetto Piano Silletti, trasmesso nel 2015 ai vertici della Regione Puglia e della Commissione europea.

La LILT, sottolinea che oggi con il DM Martina l’allerta è ancora più drammatica. E cita un altro studio ancora più recente svolto dall’ASL di Lecce, l’Università del Salento e la Provincia di Lecce, i cui risultati mostrano inquinamenti con livelli critici per sostanze pericolose: l’arsenico, il berillio e il vanadio. Si tratta di molecole cancerogene e interferenti endocrini (IE), responsabili di disturbi a carico della funzionalità del sistema endocrino, con effetti avversi sulla salute dell’organismo, cellule germinali e progenie (19).

Anche l’Associazione Internazionale dei Medici per l’Ambiente (ISDE) ha preso posizione contro il DM Martina, poiché impone l’uso pesticidi dannosi per la biodiversità, la sicurezza alimentare e la salute, in barba ai principi di prevenzione, precauzione e i diritti degli agricoltori e delle popolazioni esposte, danneggiando le imprese che usano metodi di agricoltura biologica. Il DM obbliga, nelle aree infette, l’uso degli erbicidi, tra cui il già ricordato Roundup, contenente glifosato. L’ISDE, nel merito è già intervenuta con un appello internazionale (20).

Ancora più recentemente, l’ISDE ha diramato un comunicato stampa sulla pericolosità dei neonicotinoidi, citando l’acetamiprid, una molecola che potrebbe benissimo essere sostituita da sostanze efficaci usate dall’agricoltura biologica, come piretrine, olio essenziale di arancio dolce, citate nel DM, ma con meno enfasi. L’acetamiprid è neurotossico e, nei mammiferi, ha conseguenze biologiche negative su fegato, reni, tiroide, testicoli e sistema immunitario. Ha anche un’alta tossicità per gli uccelli. Gli effetti biologici dei neonicotinoidi sull’uomo devono ancora essere chiariti, ma i primi risultati mostrano associazioni significative tra esposizione e rischio di alterazioni dello sviluppo (21).

In Puglia, l’AIAB (Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica) con il sostegno di diversi esperti del settore, ha recentemente avviato un tavolo tecnico ad hoc con l’intento di bloccare il DM Martina. Allo scopo, il tavolo ha redatto una dettagliata relazione tecnica, di quattro pagine, che è stata già inviata al Presidente della Regione e a tutti i consiglieri regionali. Si che, ora non potranno più dire che non sapevano che i pesticidi sono solo dannosi e che la prima cosa da fare è di non usarli, in quanto la relazione è critica, ma anche ricca di proposte alternative (22).

Da quando in Puglia si parla di Xylella, i salentini si sono mossi contro l’abbattimento degli alberi, proposto dagli accademici e dai burocrati della Regione Puglia, del Ministero dell’Agricoltura e il Parlamento Europeo, attraverso convegni e manifestazioni popolari, ignorati dai media e dai canali televisivi di stato, ma ampiamente documentati da amatori e singoli cittadini, ai quali recentemente si sono aggiunti alcuni sindaci. La più recente manifestazione di mia conoscenza è quella relativa ad una conferenza stampa svoltasi in Valle d’Itria, con la partecipazione di olivicoltori che hanno dimostrato di essere in grado di guarire le piante malate e di patologi, fuori dal coro, che hanno collaborato all’esecuzione di progetti, finanziati anche dalla Regione Puglia, i cui risultati preliminari mostrano che l’abbattimento degli alberi è una follia (23).  
 


 
3. Un punto di vista più generale: un tuffo nel passato alla scoperta della verità
Il problema degli olivi in Puglia è un vecchio problema, che s’inquadra bene in un progetto che parte da lontano (XIX sec.). Cioè da quando la teoria dei germi di Louis Pasteur prevalse su quella dei suoi contemporanei, come Antoine Béchamp e Claude Bernard, i quali sostenevano, a differenza di Pasteur, che la causa delle malattia non sono i germi (virus e batteri) ma il terreno. Si racconta che lo stesso Pasteur, poco prima di morire, confessò che il terreno è tutto, mentre il microbo è nullo (24, 25, 26, 27).

Tuttavia, le case farmaceutiche adorarono la teoria dei germi perché ciò permetteva loro di vendere le molecole (farmaci) capaci di uccidere virus e batteri e quindi avviare quel grande business che le portò a diventare sempre più ricche e quindi più potenti, tanto da possedere le banche e conseguentemente i governi.

Si è così sviluppato un sistema antisociale dominante, che diventa sempre più difficile da cambiare. In ogni caso, questo quadro serve a spiegare perché la storia della malattia degli olivi e della Xylella in Puglia non poteva avere una storia diversa, più vicina alla verità e cioè che la causa non è il batterio ma il terreno, quello che più sopra ho chiamato anche criticità ambientali.

In pratica, in un mondo dominato da falsità è difficile riuscire a far prevalere la verità. Possiamo solo sperare di aumentare nella popolazione la consapevolezza e la capacità di distinguere il vero dal falso. E solo quando avremo raggiunto la soglia critica, il cambiamento sarà quasi automatico.
 


 
4. A proposito, gli olivi malati possono essere salvati proprio dai germi (microrganismi)
Alcuni decenni fa, circa un secolo dopo Pasteur, un chimico francese, arriva Teruo Higa, un agronomo e microbiologo giapponese, e scopre i microrganismi effettivi. Higa cercava alternative alle sostanze chimiche impiegate in agricoltura, ma le sue ricerche restarono senza esito fino al 1981. Qualche anno dopo, analizzando il comportamento, il contenuto e l’effetto sulla vegetazione dei microrganismi usati nei suoi esperimenti, scoprì che una particolare combinazione di colture chiamata EM (Effective Microorganismi), aveva un effetto benefico soddisfacente in agricoltura (28).

Negli anni che seguirono, Higa continuò le sue ricerche sull’isola di Shigacki presso un’istituzione religiosa e trovò che la sua combinazione di culture microbiche era risultata stabile, riproducibile ed efficace anche in settori diversi da quelli agricoli, come per esempio per la depurazione delle acque, bonifiche e gestione dei rifiuti e per la preparazione di mangimi speciali.

Bene, recentemente, un ricercatore del CRA (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura) di Pescia ha ottenuto dei risultati positivi con l’applicazione della tecnologia degli EM (29) per la gestione del verde ambientale ed ornamentale, ma a quanto pare il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, l’ente che vigila sul CRA, non li conosce. Se l’avesse conosciuti e presi in considerazione Il Ministro Martina avrebbe suggerito la tecnologia ai funzionari e ricercatori della Puglia, invece di decretare l’uso massiccio di pesticidi.

Ma non è tutto. Quando nel primo paragrafo, del presente contributo, parlavo del successo degli olivicoltori del Salento nel salvare le piante d’olivo affette da CoDiRO, c’è da aggiungere che quel successo era dovuto anche all’uso di microrganismi EM. La domanda allora è: come mai un’idea del genere è venuta agli olivicoltori salentini e non ai microbiologi dell’Università e/o centri di ricerca della Puglia o del Ministero dell’Agricoltura o della Commissione in Agricoltura dell’UE? Questa storia da sola è sufficiente a giustificare la mancanza di fiducia da parte della gente nelle istituzioni e nella cosiddetta scienza, che dopo diversi anni, anche di contrasti con i salentini, è ancora dell’idea che per salvare gli oliveti bisogna far fuori la Xylella o bisogna sostituire le varietà d’olivo suscettibili al batterio con varietà resistenti.

Ma che scienza è una scienza che, oltre tutto, mostra di non avere ancora capito l’importanza della biodiversità negli agroecosistemi? E proprio così, in quanto la sostituzione di varietà suscettibili con varietà resistenti comporterebbe un’ulteriore riduzione della biodiversità, oltre a rivelarsi un’operazione con effetti limitati nel tempo, poiché i patogeni, inclusa la Xylella, nel tempo avrebbero sempre la meglio sugli olivi e più in generale su tutte le colture suscettibili, se non vengono eliminate le cause vere della malattia.

L’uso d’impianti di varietà d’olivo resistenti alla Xylella o d’oliveti costituiti da varietà suscettibili innestati con varietà resistenti non sono da paragonare nemmeno lontanamente a quelli della storica resistenza dei vigneti alla fillossera (Phylloxera vastatrix o Viteus vitifoliae), come qualcuno potrebbe pensare, perché in questo secondo caso si parla di resistenza vera (totale) a un insetto del portainnesto (parte inferiore della pianta innestata con varietà suscettibili), mentre nel primo caso si tratta di tolleranza a un batterio (più polimorfico dell’insetto) della marza o nesto (parte superiore della pianta innestata) da innestare su un portainnesto suscettibile.
 


 
5. Fisica Quantistica e frequenze vibrazionali negli organismi viventi
Lo sviluppo della Fisica Quantistica ci ha fatto comprendere che la salute degli organismi viventi dipende da diversi fattori, tra cui le frequenze tipiche di ciascun organismo vivente e quelle dei suoi organi e tessuti. Se queste frequenze cambiano come conseguenza dell’interferenza negativa (distruttiva) di frequenze diverse provenienti da campi elettromagnetici presenti nell’ambiente esterno o interno, gli organismi diventano suscettibili alle malattie e a seconda della gravità possono anche cessare di vivere.

Non è fantascienza, come molti potrebbero pensare. Nel mondo ci sono ormai diversi centri che stanno sperimentando positivamente l’applicazione della fisica quantistica con strumenti diversi a seconda della malattia e della sua gravità, nell’uomo (30, 31, 32). Sulla base degli stessi principi, gli alberi hanno un effetto positivo sulla salute dell’uomo e degli altri organismi viventi che vivono nello stesso ecosistema, ma se l’ecosistema è inquinato gli alberi non hanno più lo stesso effetto terapeutico, perché l’inquinamento produce frequenze malefiche (33) e danni al DNA (34).

L’argomento è così importante che meriterebbe un adeguato approfondimento, ma l’obiettivo qui è solo accennarlo per far comprendere anche ai nostri politici di quanto sono lontani da una soluzione che sarebbe molto più naturale (non nociva) e meno costosa di quella che vogliono attuare: eliminare gli alberi d’olivo per tenere a bada la Xylella. Non è assurdo?

Nel caso del mondo vegetale, esistono già dei prodotti liquidi da diluire opportunamente e da spruzzare sulle piante e sul terreno (anche insieme alle acque d’irrigazione), tra l’altro per niente pericolosi per l’uomo, che hanno l’effetto di disinquinare e di influenzare positivamente le frequenze delle piante trattate e dell’ecosistema. I prodotti di mia conoscenza, già usati nelle campagne della Puglia, sono il Bio Aksxter (35) e Gold Manna (36).

Visitando le campagne del Salento, ho visto personalmente diversi oliveti affetti da CoDiRO che trattati con Bio Aksxter, nel giro di qualche anno, hanno iniziato a rivegetare e produrre normalmente. Risultati positivi sono stati osservati anche su vite, ciliegio e diverse piante da orto. Esistono nel merito dei video prodotti dagli stessi operatori, che auspico siano messi a disposizione di persone interessate. Il motivo per cui i divulgatori di queste tecnologie evitano di contattare le istituzioni è sempre lo stesso: si rischia di perdere tempo e di essere persino derisi.
 


 
6. Effetti della globalizzazione sull’economia e la salute degli ecosistemi
La globalizzazione in generale e quella dei mercati in particolare ha esasperato la competitività tra ed entro le nazioni. Ciò ha avviato un processo che porta sempre più all’eliminazione dei più deboli, rendendo l’ambiente sociale sempre più selettivo (una sorta di eugenetica). In realtà un ambiente competitivo non fa fuori i più deboli geneticamente, ma i più poveri perché non hanno possibilità economiche e quindi di accesso alle risorse. Gli effetti negativi di una società basata sulla competitività si ripercuotono sulla salute dei popoli e quindi degli ecosistemi in cui essi vivono.

Sapevamo già, ma è stato confermato dai risultati di vent’anni di ricerche sul progetto genoma umano che l’ambiente, in senso lato, è più importante dello patrimonio genetico. Infatti è sbagliato dire che il genoma si esprime o non si esprime. È più corretto, invece, affermare che il genoma viene letto o non viene letto. E chi è il lettore? L’ambiente. Nel caso specifico, le condizioni ambientali prodotte dall’agrotecnica. Una buona agrotecnica è in grado di leggere correttamente il genoma dell’olivo e di tutti gli organismi viventi. Un’agrotecnica che inquina, interferisce negativamente sulla lettura del genoma, dando via libera ai patogeni. Portando gli olivi a seccare.

Il motivo per cui si insiste nel voler attribuire le malattie ai patogeni e non all’ambiente è che in questo modo si continua ad alimentare tutta l’industria dei concimi chimici di sintesi e dei cosiddetti fitofarmaci. Questo tipo di agricoltura industriale comporta inquinamento e quindi aumento delle malattie anche per l’uomo e gli animali. Essa va benissimo per alimentare l’industria del Big Pharma, che dopo la Finanza e il Petrolio è il terzo business mondiale (3).

Il Big Pharma è agevolato anche da un sistema (industriale) alimentare sbagliato, sostenuto anche da politiche finanziate dallo stesso Big Pharma. Politiche che fanno di tutto per promuovere un sistema sociale malato, basato su un’economia competitiva e non collaborativa, come vorrebbe la biologia dell’essere umano. La legge della biologia richiede la cooperazione, mentre quella dell’economia delle corporazioni richiede la competizione. Per cui, la legge dell’economia è intrinsecamente distruttiva, cioè patologica (37).

Per migliorare la società è necessario incoraggiare la cooperazione e scoraggiare la competizione. Un contributo lo può dare la conoscenza e quindi i ricercatori liberi e indipendenti, non condizionati dall’establishment.

Fritjof Capra, nel suo libro “Il punto di svolta – Scienza, società e cultura emergente” ha giustamente affermato che “Abbiamo bisogno di un nuovo paradigma, di una nuova visione della realtà” (38). Nel suo libro, Capra spiega perchè dobbiamo necessariamente passare da una visione copernicana, cartesiana, newtoniana, meccanicistica e riduzionistica a un visione olistica. Riusciremo a fare questo salto quantico? Dipende da noi umani.
 


 
Conclusioni
La realtà agroecologica del Salento mostra chiaramente che la causa della malattia degli olivi non è la Xylella, ma un insieme di criticità ambientali, che i nostri politici non vogliono riconoscere, affrontare e risolvere perché significherebbe passare da modelli agricoli industriali o ad alto impatto ambientale a modelli agricoli a basso impatto ambientale, andando contro le grosse corporazioni, le quali possono così continuare a prosperare solo grazie a modelli industriali.

Il problema della malattia degli olivi in Puglia può essere risolto con un approccio olistico. Le prime azioni da compiere sono il rispristino di buone pratiche agronomiche, l’incentivazione di diverse forme di agricoltura biologica, l’incremento della biodiversità, attraverso l’allevamento di diverse varietà d’olivo, consociate ad altre piante arboree da frutto e piante erbacee, preferibilmente leguminose, nonché l’avviamento di misure di disinquinamento, azzerando l’uso di prodotti artificiali, come i fertilizzanti chimici e pesticidi (insetticidi, fungicidi, acaricidi ed erbicidi, specialmente il Roundup, contenente glifosato).

Dovrebbe essere incentivato anche l’uso delle acque reflue per l’irrigazione, determinando così una riduzione dell’uso delle acque di falda, e l’uso dei microrganismi effetti (EM), nonché di fertilizzanti disinquinanti, come Bio Aksxter e Gold Manna, già usati con profitto da alcuni agricoltori in Puglia e nel resto d’Italia. Si tratta di tecnologie poco note, anche perché molti agricoltori le applicano, quasi di nascosto, in quanto temono pressioni da parte di personaggi che direttamente o indirettamente sono interessati più a conservare l’attuale paradigma che a cambiarlo.

In generale, i politici, servi di un sistema dominato dalle banche e basato sulle falsità, non potranno mai cambiare l’attuale sistema. Il cambiamento in una società è possibile solo quando la consapevolezza raggiunge la soglia critica del cambiamento.  Una soglia che evidentemente non abbiamo ancora raggiunto. Una dimostrazione ce l’ha data, in questi giorni, il nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha ostacolato la formazione di un governo, che, a suo dire, avrebbe ostacolato i mercati (le banche) e fatto aumentare lo spread.

Per vincere la battaglia contro le istituzioni (destituzioni) che non intendono proteggere l’ecosistema, perché antepongono l’economia competitiva (distruttiva) delle grandi corporazioni ad un’economia collaborativa ( biologica e costruttiva), è necessario raggiungere la soglia critica del cambiamento. Un traguardo possibile solo se si passa da una visione cartesiana e meccanicistica a una olistica.

 

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Articolo originale su www.corvelva.it

 

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